Lo studio della World Obesity Foundation, un’istituzione senza scopo di lucro, mostra che l’aumento del peso corporeo, dopo l’indice di vecchiaia, è il secondo grande elemento che incide nell’ospedalizzazione e nel rischio di morte per i pazienti Covid-19. Nelle persone obese la funzione immunitaria è compromessa e la capacità polmonare è ridotta con la possibilità che la ventilazione sia più complicata.
Come racconta La Stampa, lo studio prende in analisi 160 paesi e l’incidenza dell’obesità sulla morte per mano del Covid-19. Il British Medical Journal ha anticipato alcuni dei dati, secondo cui dei 2,5 milioni di decessi causati dalla pandemia a febbraio, 2,2 milioni si sono verificati in paesi dove oltre la metà della popolazione adulta è in sovrappeso. Tra i 160 paesi, nessuno ha la quota di adulti classificati come obesi sotto il 40% della popolazione. Tra i paesi analizzati il Vietnam ha avuto il più basso tasso di mortalità da Covid-19 al mondo (0,04 ogni 100mila) ed è al secondo più basso livello di popolazione in sovrappeso col 18,3%
Per quanto riguarda l’Italia, spicca per l’elevato tasso di mortalità (122.72 su 100mila abitanti), più alto rispetto a Spagna e Gran Bretagna, ma ha una percentuale minore di adulti in sovrappeso più elevato, al (58,5, su dati del 2016).
La World Obesity Foundation vuole mettere l’attenzione su quella che l’Oms ha definito una pandemia, ovvero l’obesità. Circa il 78% delle persone ricoverate in ospedale, che avevano bisogno di un ventilatore o decedute a causa di Covid-19, erano in sovrappeso o obese ed è pari al 90% il rischio di morte per le persone affette da obesità grave.