Secondo l’ultimo monitoraggio della Ragioneria Generale a fine 2020 l’Italia ha speso il 48,7% dei 73,4 miliardi di euro messi a disposizione dall’Europa nell’ambito della programmazione 2014-2020.
Come raccona il Sole 24 Ore, analizzando gli undici obiettivi tematici, si nota che i main goal del Recovery Plan sono quelli in cui gli investimenti dei fondi precedenti vanno più a rilento: cambiamento climatico, ambiente, pubblica amministrazione e inclusione sociale. La performance peggiore in assoluto è quella relativa a “rafforzare le capacità istituzionali delle autorità pubbliche e delle parti interessate ad un’amministrazione pubblica efficiente”. Nei fondi 2014-2020 sono stati destinati 1,4 miliardi alla modernizzazione della pa con riforme relative agli aspetti gestionali e organizzativi e alla semplificazione dei processi, eppure l’avanzamento dei pagamenti è fermo al 27,9%.
Segue poi l’inclusione sociale: nei fondi erano previste misure di sostegno al reddito, centri di impiego, reddito di cittadinanza, misure di integrazione dei migranti, ma in questo caso i pagamenti sono fermi al 31,2% su 6 miliardi a disposizione.
Un altro punto fondamentale dei fondi al 2020 è quello del green new deal, tema centrale anche nel Next Generation Eu. Nel monitoraggio della Ragioneria di Stato si evince che c’è stato un avanzamento del 35,9% su 1,4 miliardi per il cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi. Per la decarbonizzazione l’avanzamento dei pagamenti è al 37,8% su 3,9 miliardi, per l’uso efficiente delle risorse ambientali al 37,7% su 3,4 miliardi.
Il monitoraggio sul Fondo coesione e sviluppo, lo strumento nazionale che ha l’obiettivo di ridurre il divario territoriale, fornisce un quadro ancora peggiore. Al 31 dicembre 2020 sono state impegnate il 19,3% delle risorse stanziate (pari a 47,3 miliardi) e i pagamenti sono fermi al 6,7%. Dato ancora più negativo per la banda ultralarga: di 3,5 miliardi di euro è stato speso lo 0,13%.