“Mi sembrano inevitabili per ricominciare a vivere”, lo afferma l’ex premier britannico Tony Blair in merito ai passaporti vaccinali su cui l’Ue sembra ora accelerare.
“Certo, lo “status Covid” per ognuno di noi avverrà non solo attraverso i vaccini, ma anche l’uso diffuso di test sempre più rapidi ed efficienti. Ma l’importante è coordinarsi subito a livello internazionale per avere un sistema condiviso”, afferma il laburista in un’intervista a Repubblica.
Alcuni paesi sono contrari, come la Francia, perché ritengono che il pass possa avere effetti discriminatori, non essendo la vaccinazione ancora aperta a tutti: “Mi pare bizzarro. Chiunque, appena ritornati a una “normalità”, vorrà essere sicuro degli ambienti pubblici che frequenterà. Grandi eventi come concerti o partite allo stadio con i tifosi non potranno ripartire senza simili certificazioni. Ognuno è libero di fare la sua scelta. Ma mi pare chiaro che ciò avrà delle conseguenze”.
Boris Johnson ha dato dimostrazione di aver attivato una strategia vincente, con una sola dose e il richiamo in un secondo momento. Proprio sul vaccino inglese, ci sono stati diversi pareri contrastanti. Inizialmente permesso fino ai 55 anni, ma in un secondo momento si è deciso che può essere inoculato per tutti le persone fino ai 65 anni. “I dati veri che ci arrivano dalle somministrazioni in Scozia e Inghilterra dicono il contrario: il vaccino di Oxford sembra straordinariamente efficace sugli anziani. In Scozia su 490 mila vaccinati, solo due sono finiti in ospedale sinora per Covid. Questa è la realtà, ma il tema è diventato politico e si è intrecciato con la Brexit”.
Blair ha ribadito la necessità di collaborazione tra l’Ue e il Regno Unito: “Sono un fervente oppositore dell’uscita di Londra dall’Ue, ma sono innegabili i grandi risultati del Regno Unito e i problemi dell’Europa. Tuttavia, si sarebbero raggiunti gli stessi risultati nel Regno Unito anche se fossimo rimasti nell’Unione. Anzi, se ne sarebbe giovata anche l’Ue, perché, con il peso britannico, i singoli Stati avrebbero avuto molta più influenza nelle negoziazioni di acquisto e Londra avrebbe messo a disposizione la sua scienza. Un’altra lezione è questa: se tutti i Paesi del mondo avessero cooperato su vaccini e test rapidi sin dall’inizio, avremmo iniziato a sconfiggere la pandemia molti mesi prima. La cooperazione sulle pandemie dovrà essere centrale al G7 in giugno”, ha concluso l’ex premier su Repubblica.