Tra l’eredità di Giuseppe Conte al suo successore Mario Draghi, vi è un mare di decreti attuativi. Quando una legge viene approvata o una riforma accordata, dopo la pubblicazione in Gazzetta, serve un decreto attuativo per renderla effettivamente operativa.
Il grande problema dei governi italiani è l’accumulo di decreti attuativi trasferito da un esecutivo e all’altro, che rallenta, e non di poco, il lavoro. È ciò che è successo a Draghi che ha ereditato ben 539 provvedimenti attuativi.
Come racconta La Stampa, tra le riforme varate dal premier Conte solo il 32% dei decreti attuativi sono stati adottati (253 su 792). Tra i dicasteri più incastrati in questo nodo ci sono il ministero dell’Economia, della Giustizia e dello Sviluppo economico. Guardando per esempio all’ultima legge di bilancio, approvata a dicembre, erano previsti 176 provvedimenti attuativi ma finora ne è stato attuato solo uno.
Toccherà ora agli attuali numeri uno dei dicasteri procedere, il che comporterà inevitabilmente ritardi sulle nuove emergenze. Certo è che si tratta di un circolo vizioso che accomuna tutti gli esecutivi: il premier Conte ha ricevuto in dote la finanziaria con 36 provvedimenti attuativi non ancora adottati.
Per citare qualche esempio, nel decreto Rilancio erano previsti 137 provvedimenti attuativi e ne mancano ancora 52, o quello Semplificazioni ne aveva bisogno di 37 ma ne sono stati realizzati solo 3. Ancora, nel decreto Agosto ci sono ancora 44 norme attuative (su 63) da adottare.