D’accordo, le aziende farmaceutiche sono brutte sporche e cattive, in molti casi sono pure “multinazionali”, il che marca malissimo, esiste poi un gigantesco problema di consegne limitate, guai a negarlo, ma presto o tardi qualcuno dovrà pure ricordare che le aziende del Big Pharma sono le stesse che investono ogni anno risorse ingenti in ricerca e innovazione, e sul finire del 2020 sono riuscite, in tempi record, a dotare l’umanità di un antidoto contro il Covid-19. Proprio così, senza quei finanziamenti privati non saremmo al punto in cui siamo. Eppure, c’è molta strada da fare nel nostro Paese, le consegne ritardano e pure noi ritardiamo. Un esempio? Oltre l’86 percento delle dosi consegnate da Astrazeneca sono custodite in un frigorifero: che cosa aspettiamo? Delle circa cinque milioni di dosi distribuite alle regioni, quelle effettivamente somministrate sono poco più di tre milioni e mezzo. In altre parole, ci sono un milione e mezzo di dosi disponibili ma non inoculate. Abbiamo utilizzato meno di tre dosi su quattro, un dato che è misura della scarsa efficienza messa fin qui in campo.
L’organizzazione di una campagna vaccinale, la logistica, il reclutamento dei vaccinatori non competono a Pfizer o a Moderna, soggetti privati che finanziano la ricerca e registrano brevetti non per scopi umanitari ma perché è il loro business. La vaccinazione degli italiani spetta alle istituzioni politiche, al governo nelle sue articolazioni che, ad oggi, hanno offerto una performance non edificante. Una prova? Con 3,6 milioni di vaccinati (2,3 milioni con una sola dose, 1,3 milioni con la seconda), l’Italia ha vaccinato il 5,97 percento della popolazione. Guardiamo all’estero: in Israele è stato vaccinato l’87 percento, negli Emirati arabi uniti il 56 percento, nel Regno unito il 27 percento, negli Stati uniti il 19,19, il Cile il 15,66, in Serbia il 14,5, in Turchia l’8,11, in Romania il 7,32, in Svizzera il 7, in Norvegia il 7,18, in Marocco il 6,98. Se limitiamo lo sguardo all’Europa, la Danimarca ha già vaccinato l’8,57 percento della popolazione, la Polonia il 7,29, la Lituania il 7,13, la Germania il 6,23, il Portogallo il 6,67, l’Irlanda il 6,9, la Spagna il 6,61. Peggio di noi fanno solo la Francia, la Repubblica Ceca, i Paesi bassi, l’Austria e la Croazia.
Sono questi i numeri del flop italiano. Siamo partiti male ma possiamo recuperare il terreno perduto. Adesso c’è un nuovo governo che, sotto la guida di un uomo che privilegia i fatti alle parole, sta lavorando alacremente a un piano vaccinale degno di questo nome. Nell’attesa, dovremmo impiegare il tempo in modo costruttivo: a parte le critiche ai presunti abusi da parte di chi produce vaccini, volgiamo lo sguardo verso noi stessi e chiediamoci che cosa saremmo in grado di fare, oggigiorno, se le dosi consegnate si decuplicassero come per incanto. Assai poco, e la colpa è tutta nostra.
Annalisa Chirico