Tra i nodi da sciogliere dal premier Draghi c’è quello della riforma della pubblica amministrazione. “Non bisogna solo scegliere le riforme da fare, bisogna anche scegliere uno stile e un metodo, fondati sull’apertura e sul coinvolgimento. Fuori dell’amministrazione, tra i suoi utenti, vi sono grandi attese. Nell’amministrazione, tra i dipendenti, vi sono tante persone capaci, ma isolate e frustrate. Attese esterne e energie interne vanno collegate sapientemente”, afferma il giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese.
I due governi di Conte hanno lasciato un grande arretrato di decreti attuativi che rendono effettivi i provvedimenti decisi: “Questa solo una delle tante contraddizioni dei passati governi: adottare i provvedimenti normativi e amministrativi con la motivazione dell’urgenza, e poi fermarsi nella loro attuazione. Le responsabilità stanno a palazzo Chigi, perché lì dovevano essere presi i provvedimenti attuativi. È indispensabile che il governo metta subito al lavoro un gruppo di alti funzionari che provvedano ad adottare diverse centinaia di atti esecutivi primari per eliminare l’arretrato”, afferma Cassese in un’intervista a La Stampa.
“Si può agire sui punti critici che riguardano processi di decisione interni ed esterni, una parte del vertice amministrativo, le responsabilità (e relative sanzioni) dei dipendenti, i controlli preventivi, le buone pratiche. Insisterei principalmente sulle buone pratiche e bisogna estenderne l’applicazione”, spiega il giurista.
Un buon esempio per Cassese è quello delle imprese che sanno rinnovarsi: “I riformatori pubblici dovrebbero imparare dai processi innovativi delle imprese. Qui l’innovazione è continua. Viene fatta per zone, problemi, processi. Comporta l’individuazione di disegni complessivi, seguiti però da applicazioni progressive. Richiede controllo della rotta e dei risultati. Richiede l’aggiornamento continuo di un “giornale di bordo””.