Giovedì il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti incontrerà Farmindustria, l’Associazione delle imprese italiane del farmaco. Lo farà dopo che il premier Draghi lo ha incaricato di sondare la possibilità di produrre il siero contro il Covid-19 in Italia, per sopperire ai tagli sulle forniture dalle aziende straniere.
Come racconta Repubblica, l’iter è piuttosto lungo e presenta alcuni noti di rilievo: rimarrà l’Europa la responsabile della questione brevetti. Dovrà contrattare con le aziende la cessione della licenza, che comunque avrà una durata circoscritta. Inoltre, le dosi che saranno eventualmente prodotte in Italia saranno distribuite su tutto il continente, come prevedono gli accordi europei. All’Italia spetterà il 13,6% delle dosi totali.
Elemento ancora più importante sono le tempistiche di produzione: Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, ha già anticipato che il processo richiederà dai quattro ai sei mesi. “Diremo al ministro come si produce un vaccino e con quali tempi: si tratta di un prodotto vivo, non di sintesi, va trattato in modo particolare. Serve una macchina che si chiama bioreattore, non è che si schiaccia un bottone ed esce la fiala. Da quando si inizia una produzione passano 4-6 mesi. Stiamo facendo una ricognizione per capire se in Italia sono già presenti aziende in grado di aiutare nella produzione dei vaccini e in quali fasi”.
Il nodo sono quindi i bioreattori, presenti unicamente nel sito di ricerca e sviluppo di Gsk a Siena, che però sono dedicati al vaccino contro la meningite e sono di tipo tradizionale e non sfruttano l’Rna messaggero.