I “bagni di foresta” e le “immersioni nel verde” sono considerati una terapia per combattere stress e ansia in paesi asiatici come Giappone e Corea. Una ricerca congiunta tra l’Istituto per la Bioeconomia del Cnr (Cnr-Ibe) e il Club alpino italiano ha mostrato che, oltre al sollievo psicologico, esistono benefici testabili da un punto di vista scientifico.
Dopo un anno e mezza di ricerca, con esperimenti che seguono protocolli standardizzati, l’Istituto ha mostrato che le piante hanno un ruolo fondamentale come filtri dello smog. E non solo perché fanno da barriera ed eliminano gli inquinanti, ma anche perché producono sostanze che svolgono un ruolo positivo per il nostro equilibrio fisico. Queste sono i terpeni, biomolecole dotate di attività antiossidanti, antinfiammatorie, immunostimolanti.
Non tutte le piante li producono nello stesso modo: per esempio le conifere emettono i terpeni più efficaci, mentre il faggio ne produce in maggiore quantità. Un fattore che influisce è anche la stagione: in quella calda se ne producono di più, soprattutto la mattina presto e il primo pomeriggio.
La “terapia forestale”, come viene chiamata, ha mostrato giovamenti sulle persone che soffrono di ansia o depressione. “I risultati, che hanno passato il vaglio della comunità scientifica, sono incoraggianti: nell’85% dei casi si è avuto un regresso o un annullamento dei sintomi che vanno dall’ansia alla depressione, dal senso di ostilità a quello di confusione. Si verifica una riduzione dello stress, una normalizzazione della frequenza cardiaca e un abbassamento della pressione del sangue”, afferma ad Huffington Post Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e uno dei due curatori della ricerca.
I gruppi che si affidano alla terapia forestale vengono portati in un bosco, guidati da uno psicoterapeuta, e lasciati passeggiare per circa tre ore, alternando momenti informativi a momenti di silenzio. Alcuni studi hanno mostrato che anche solo il contatto visivo con alcune tipologie di legno può dare beneficio.