C’è un grande divario tra Europa da una parte e Usa e Cina dall’altra negli investimenti hi-tech. Lo dimostra il rapporto Kearney, che si occupa della ricerca strategica sulle alte tecnologie e sulle concentrazioni degli investimenti mondiali nel comparto digitale. La tendenza che viene evidenziata è che così facendo l’Europa finirà per essere dipendente da altri paesi, con implicazioni sul fronte economico, industriale e geopolitico.
Come racconta il Sole 24 Ore, l’Europa investe in Ricerca e Sviluppo (R&S) poco più di 400 miliardi, pari al 2% del Pil. La Cina stanzia 551 miliardi, pari al 2,5% del pil, mentre gli Usa investono 526 miliardi, pari al 4,5% del pil. Anche in Giappone l’incidenza degli investimenti hi-tech sul pil è maggiore e raggiunge il 3%, mentre in Corea addirittura il 4,5%.
La situazione si prospetta ancora più nera se si analizzano i 27 paesi europei. In cima alla classifica per quota di investimenti in R&S sul pil ci sono Svezia (3,3%), Austria e Germania (3,1%), Danimarca (3%), Finlandia (2,8%) e Belgio (2,7%). L’Italia si posizione terzultima con l’1,4%, a pari merito con il Portogallo. Peggiori, seppur di poco, la Spagna, la Grecia, la Polonia e l’Irlanda.
Altro grande divario che emerge dal rapporto Kearney è il numero di brevetti registrati. La Cina è passata da essere un mero polo produttivo ed esecutore a diventare leader dell’innovazione. Nel 2014 aveva registrato 75mila brevetti che sono diventati 275mila nel 2019: in sei anni c’è stato un incremento del 275%. In Europa nello stesso periodo sono stati registrati 855mila brevetti, di cui solo una piccola parte proveniente dall’Italia (7%). A dominare è la Germania con il 47%, seguita dal Regno Unito con il 13% e dalla Francia con l’11%.