L’Italia è il paese che ha tenuto più a lungo chiuse le scuole durante la prima ondata. L’apertura dopo le feste natalizie è slittata prima dal 7 all’11 gennaio e ora ancora più in là, con aperture pressoché diverse in tutta la penisola.
La didattica in presenza è stata sostituita dalla dad, ovvero didattica a distanza, prassi comune praticamente ovunque. In Italia però non sono stati condotti studi approfonditi sulla reale efficacia della dad e delle sue conseguenze. L’unico report disponibile è quello di Ipsos-Save the Children, basato su un campione di studenti, che mostra che il 35% degli intervistati si sente più impreparato di quando andava a scuola e il 37% lamenta un peggioramento della concentrazione e dello studio.
Negli altri paesi, invece, il tema ha richiamato l’attenzione di molti centri di analisi che hanno condotto diverse ricerche. In Olanda è emerso che il ritardo nell’apprendimento della scuola primaria è stato del 20%: qui le scuole sono state chiuse per otto settimane (in Italia per dodici) e la tecnologia a disposizione delle famiglie era sicuramente migliore della nostra.
In Francia i rallentamenti sono emersi principalmente nella scuola elementare nella lettura e nella scrittura, e anche nella matematica per quei bambini che provengono da contesti più difficili. In prima media il trend è stato opposto: i risultati sono migliorati, grazie ai percorsi di recupero messi a punto dal governo francese. Di questa possibilità se ne era parlato anche in Italia, ma, per mancanza di docenti, non è andata in porto.
In America la situazione sembra ancora più critica: -33% degli apprendimenti attesi in matematica e -13% in lettura, con rilevazioni ancora peggiori nelle scuole con maggioranza di studenti di colore.
Ad una carenza dell’apprendimento si aggiunge anche lo status psicologico dei ragazzi, che soffrono sempre più di ansia e solitudine. Secondo le rilevazioni di Save The Children, il 31% dei ragazzi lamenta profonda stanchezza, il 17% incertezza e preoccupazione. Uno su due si sente inoltre colpevolizzato dagli adulti per essere una delle cause del contagio.