“Esiste un criterio ineludibile: la protezione deve essere più rapida laddove la vulnerabilità è maggiore, sia per fragilità soggettiva, sia per il contesto a cui una persona è esposta”, lo sostengono la senatrice a vita Liliana Segre e il garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mauro Palma. Riconoscono come sia difficile definire le priorità di distribuzione di una misura così importante, quale è il vaccino, ma chiedono, come già fatto nell’interrogazione formulata al Presidente del Consiglio e al Ministro della Giustizia in data 17 dicembre a firma Segre, De Petris e Marilotti, di considerare anche il carcere come luogo prioritario.
“Il carcere è luogo strutturalmente chiuso, dove peraltro, dati i numeri attuali, la misura preventiva del distanziamento è impossibile e dove il tempo trascorso all’interno di un ambiente stretto e condiviso, quale è la camera di pernottamento, ricopre ampia parte della giornata, se non quasi la sua totalità. La connotazione personale e sociale della popolazione detenuta rivela inoltre una particolare vulnerabilità dal punto di vita sanitario, dati i difficili percorsi di vita che molto spesso connotano coloro che giungono in carcere”.
Importante quindi annoverare il carcere tra i primi destinatari del vaccino, per sostenere non solo i detenuti, ma anche gli operatori penitenziari che inevitabilmente entrano a contatto con i carcerati. “Ora è importante che questa indicazione entri effettivamente nella programmazione degli interventi vaccinali e che alla doverosa priorità assegnata a coloro che in carcere operano, si affianchi quella per coloro che vi sono detenuti”.
“È proprio un obbligo, poiché alla privazione della libertà dei custoditi fa riscontro la responsabilità per il loro benessere di chi esercita il diritto-dovere di custodirli, cioè dello Stato”, concludono Liliana Segre e Mauro Palma.