Dalla diplomazia delle mascherine al nazionalismo del vaccino. Dopo l’imponente campagna mediatica promossa dalla Cina per far dimenticare al mondo intero le sue pesanti responsabilità nella comparsa e diffusione di Covid-19, rischiamo di assistere alla corsa dei singoli paesi ad accaparrarsi quanti più dosi possibile. Alla strategia del coordinamento rischia di sostituirsi la contesa di tutti contro tutti, esattamente ciò che si voleva evitare quando in estate i governi dei Ventisette hanno siglato un accordo per centralizzare a livello di Commissione europea la negoziazione con le aziende produttrici del vaccino, in primis con la statunitense Pfizer e la tedesca BioNTech che hanno battuto sul tempo i competitor. 300 milioni di dosi opzionate dall’Ue per garantire quantitativi sufficienti da distribuire poi nei singoli paesi membri in rapporto alla popolazione.
Poi, lo scorso 27 dicembre, nel celebratissimo Vaccine day, accade che in Italia arrivano le 9.750 dosi messe simbolicamente a disposizione del nostro paese come di ogni altro membro dell’Ue, salvo un caso: la Germania, dove di dosi ne arrivano ben 156mila, vale a dire 9.750 per ciascuno dei sedici Länder. Così Berlino viene meno all’accordo siglato in estate che designava la Commissione come acquirente unico, e il rompete le righe si fa ancora più evidente quando si apprende che sempre la Germania ha acquistato 30 milioni di dosi supplementari di vaccino Pfizer-BioNTech, in seguito a un accordo bilaterale con l’azienda.
Si torna allora alla diplomazia delle mascherine, con un pizzico di invidia: gli europei infatti sembrano aver appreso ben poco dalla lezione impartita negli scorsi mesi da Pechino che con una sapiente campagna di comunicazione ha rilanciato il ruolo della Cina dispensatrice benevola di mascherine e altri presidi sanitari (il più delle volte attraverso commesse ben pagate, altro che generosità). In Europa invece c’è il rischio che, venuto meno il vincolo della solidarietà europea, si inneschi una “corsa al vaccino” in cui ogni paese si impegnerebbe a “fare da sé” per proteggere la salute dei propri cittadini a scapito degli altri. In altre parole, per salvaguardare il prestigio nazionale l’immagine dell’Europa ne uscirebbe a pezzi e, soprattutto, sarebbe una “lose-lose situation” in cui tutti i cittadini europei hanno solo da perdere. Sappiamo che per l’approvazione di Sanofi si potrebbe dover aspettare fino a settembre 2021, e le dosi di AstraZeneca per il momento sono state testate soltanto sulle persone fino a 55 anni di età. La decisione tedesca parte probabilmente da queste considerazioni ma non è chiaro dove porterà. Buona fortuna a noi.
Annalisa Chirico