Esiste un’altra possibile soluzione al virus, oltre al vaccino, quella degli anticorpi monoclonali. Si tratta di molecole prodotte in laboratorio, simili ai nostri anticorpi naturali che riconoscono e bloccano il virus.
Questi sono già stati approvati dall’Fda americana per uso emergenziale e hanno curato in poco tempo Donald Trump. In Italia ci sono circa quindici gruppi di ricerca che studiano le cellule sui modelli animali e, in alcune fasi più avanzate, sugli esseri umani. L’Agenzia europea del farmaco non prevede l’uso emergenziale ed è, quindi, in attesa della conclusione degli studi.
Al momento i monoclonali utilizzati in altre parti del mondo sono quelli di Eli Lilly e Regeneron, come racconta La Stampa. “Gli studi sull’anticorpo monoclonale di Eli Lilly suggeriscono che è il farmaco può essere molto utile nelle fasi iniziali della malattia: se somministrato i primi giorni dell’infezione impedisce al virus di progredire”, afferma a La Stampa Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata di Roma.
La Regeneron utilizza invece un cocktail di anticorpi: “L’utilizzo di più anticorpi consente di colpire diversi bersagli del virus in modo che se fallisce uno funziona l’altro”, sostiene Novelli.
Gli studi fino ad ora condotti hanno evidenziato un altro aspetto cruciale nella lotta al Coronavirus: “Gli anticorpi monoclonali possono essere utilizzati come strumento di protezione, una sorta di profilassi che può offrire immunità al virus per qualche mese – continua Novelli – Possono quindi essere utilizzati come “scudo” temporaneo, in attesa del vaccino, oppure come protezione delle persone che non possono vaccinarsi, come ad esempio gli immunocompromessi”.
Anche in Italia si sta lavorando sugli anticorpi: una collaborazione tra l’Università di Tor Vergata e quella di Toronto ha portato alla scoperta di due anticorpi monoclonali che riconoscono una porzione di proteina spike, che è quella che permette al virus di entrare nelle cellule. Le molecole intervengono sulla proteina, modificandola e rendendola inutilizzabile dal virus.
“Gli anticorpi monoclonali ci sono, bisogna produrli e partire con i trial clinici e per questo siamo alla ricerca di partnership”, conclude Novelli.