Piercamillo Davigo si è nascosto dietro a dei ‘non ricordo’ e ad un non ben noto segreto d’ufficio quando il procuratore di Perugia Raffaele Cantone gli ha chiesto quali fossero i suoi rapporti con Palamara. Nello specifico l’ex membro del Csm, ora in pensione, dopo aver disertato più volte l’aula del tribunale, è stato chiamato a fornire spiegazioni in merito al suo rapporto con Sebastiano Ardita, membro del Csm ed eletto nella corrente fondata dallo stesso Davigo ‘Autonomia e Indipendenza’.
Oggetto del dibattito è nello specifico un pranzo di Davigo con l’amico Ardita che gli presenta due pm romani, Erminio Amelio e Stefano Fava, come racconta il Giornale. Fava è però oggi accusato di aver preso illegalmente alcuni contenuti dai computer dell’ufficio e spifferato notizie riservate e scottanti a Palamara sul procuratore capo Giuseppe Pignatone e il suo vice Paolo Ielo, che si sono poi tradotte in un esposto al Csm.
Davigo ha negato di essere a conoscenza della volontà di Fava, mentre quest’ultimo sostiene invece di aver parlato durante quel pranzo del possibile conflitto di interesse tra il procuratore e alcuni indagati. Ancora il magistrato in pensione afferma davanti a Cantone: “Può essere che Fava mi abbia parlato di dissapori col suo capo, se lo ha fatto le sue lamentazioni dovevano essere così generiche che io non ne ricordo l’oggetto”. Anche Ardita è stato ascoltato a Perugia ma il suo verbale non è ancora stato reso noto.
Un altro punto su cui aleggia il mistero è il segreto di ufficio di cui si avvale più volte Davigo. E lo fa quando il procuratore di Perugia gli chiede perché Ardita fosse preoccupato dopo la pubblicazione delle intercettazioni di Palamara, ma lui risponde: “Questa è la parte coperta dal segreto d’ufficio su cui non posso rispondere. Si tratta della ragione per cui non parlo più con il consigliere Ardita dal marzo 2020”.