Il reddito di cittadinanza tanto voluto dai grillini aveva due obiettivi, la lotta alla povertà e l’attivazione del mercato del lavoro. Si voleva facilitare l’accesso al lavoro a tutti quei poveri relativi, circa il 15% degli italiani. La mancanza di occupazione era considerata la principale causa della povertà e inizialmente il Movimento 5 Stelle aveva stanziato 16 miliardi, in parte erogati direttamente, in parte per i Centri per l’impiego. Il progetto firmato da Nunzia Catalfo, attuale ministro del Lavoro, affidato a Pasquale Tridico e Mimmo Parisi, si è rivelato però un fallimento.
“Tra il dire e il fare anche per i populisti però c’è distanza. Il risultato è stato che le risorse da distribuire sul sociale sono andate in parte al Reddito e in parte a finanziare il provvedimento di quota 100 e così i 16 miliardi che i grillini avevano sognato sono diventati 6 con l’aggiunta dei 2 miliardi del “piccolo” Rei, eredità del governo Gentiloni”, sostiene Dario Di Vico al Corriere della Sera.
Il risultato è stato un flop. Ne hanno beneficiato 1,1 milioni di famiglie, per un totale di 3,1 milioni di persone, e hanno trovato un lavoro solo 200mila italiani. I navigator assunti per aiutare nella ricerca del lavoro hanno contratti in scadenza, non sia che fine faranno e anche lo stesso Di Maio ha fatto un’autocritica sul fallimento del loro tanto voluto reddito di cittadinanza.
“Le riforme hanno bisogno di tempo, la loro implementazione non può essere piegata ai calcoli politici solo perché c’è alle porte una campagna elettorale dove raccontare di aver abolito la povertà. Ma anche in questo caso a tradire i 5 Stelle è stato un deficit di conoscenza del Paese: per migliorare veramente i saldi occupazionali non basta cambiare l’offerta ma bisogna agire sulla cronica debolezza della domanda di lavoro, bisogna sporcarsi le mani e fare i conti con il mercato e le scelte delle imprese”, sostiene Di Vico.