“Qualcosa non sta funzionando sul piano della sicurezza”, lo dice Filippo Anelli, presidente della federazione nazionale degli Ordini dei Medici. I dottori che hanno perso la vita nel combattere l’emergenza Covid sono ormai 200. Quasi la metà dei medici venuti a mancare nella seconda ondata sono del territorio.
L’ultimo è Luciano Bellan, di 65 anni, aveva lo studio a Villata, in provincia di Vercelli. Fino all’ultimo ha pensato ai suoi pazienti, riceveva in ambulatorio ma anche a domicilio, ed anche in alcune Rsa. Il figlio Mattia, anche lui medico, racconta a La Stampa gli ultimi giorni del padre.
Dopo il ricovero in ospedale, la situazione polmonare era migliorata e il dottore era tornato a casa. In pochi giorni, però, il figlio si è reso conto che il padre non era più in forze, si affaticava anche per spostarsi dalla poltrona alla scrivania. “Ma il Covid è una malattia estremamente debilitante”, afferma Mattia.
L’altro medico della zona Giovanni Scarrone, che ha lavorato a lungo con Bellan, racconta che entrambi sapevano quanto potesse essere rischioso il loro lavoro in questi mesi, ma il rischio è dappertutto e “il virus ti arriva addosso”.
I pazienti di Luigi hanno lasciato tantissimi messaggi di cordoglio per il loro dottore, sempre scrupoloso e disponibile. Questa è la storia di Luciano, ma purtroppo di altri duecento medici che ci hanno lasciato in questi mesi.