Lo smart working è piombato improvvisamente nelle nostre vite (prima solo una cerchia ristretta di aziende prevedeva uno o due giorni a settimana di lavoro “da casa”) e sembra ora esserne una parte integrante.
Si lavora comodamente da casa, si partecipa a riunioni con giacca e cravatta e con il pigiama sotto, si passa più tempo con la propria famiglia. Ma esistono davvero solo lati positivi? Molte persone hanno affermato che da casa non riescono a scindere la sfera professionale da quella privata o, ancora, hanno lavorato molte più ore della norma.
Secondo la ricerca McKinsey, svolta tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, l’89% dei giovani intervistati si dice soddisfatto dello smart working, così come il 69% degli over 65. Il punto di forza è la flessibilità. Ciascuno può organizzarsi il proprio tempo, ritagliando dei momenti per sé e decidere, per esempio, di fare una commissione il pomeriggio e posticipare alla sera il task lavorativo. Il punto debole, evidenziato dal 51% del campione, è la mancanza di rapporti sociali e di confronto umano con i colleghi.
I lavoratori italiani sono disposti a perdere alcuni dei loro benefits per portare avanti il lavoro agile. Niente più buoni pasti o rimborso per i mezzi di trasporto o ancora, niente più straordinari. Solo l’8% delle persone coinvolte sarebbe pronta a rinunciare totalmente allo smart working pur di non perdere i benefits.
Non è totalmente dello stesso parere Arianna Vicentini, ideatrice della società di consulenza Variazioni, secondo cui c’è un benestare allo smart working, ma con le dovute precisazioni. I lavoratori vorrebbero poter scegliere in quali giornate lavorare da casa, limitandole a due o tre. La paura di isolamento è molto forte, mentre la percezione di una riuscita migliore delle proprie prestazioni è alta. L’80% dei manager sono soddisfatti ma affermano di lavorare più ore, il 45% dei lavoratori sono contenti mentre il 40% riscontra comunque alcune criticità. Un punto fondamentale è la possibilità di scelta: scegliere quando lavorare in smart working e quando invece conservare il confronto e il dibattito con gli altri di cui l’uomo, animale sociale, ha bisogno.