Durante la notte e soprattutto durante i sogni ci capita di parlare. Non ce ne rendiamo conto, piuttosto se ne accorge (spesso disturbato e infastidito!) chi è accanto a noi. Ma perché parliamo? E soprattutto cosa diciamo? Riveliamo alcuni nostri istinti?
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Sleep talking, pronunciamo al massimo cinque parole. La durata media di queste vocalizzazioni è di uno o due secondi, per un massimo di 30 secondi. Il volume è variabile, dal sussurro al grido. Molto dipende dallo stadio del sonno che alterna momenti REM, sonno paradosso in cui ci sono movimenti della pupilla, e altri non-REM, quindi sonno ortodosso.
Neologismi e sogni
Durante il sonno non-REM, pronunciamo frasi sconnesse, creando a volte dei neologismi incomprensibili. Nel sonno REM, invece, il “discorso” è più strutturato. Di solito chi parla nel sonno, ricorda con più facilità i propri sogni. Ed è stato rivelato anche un collegamento tra il contenuto del sogno e quello che pronunciamo.
Contenuti volgari
A volte non ci rendiamo conto ma durante i sogni liberiamo emozioni nascoste o che sono legate a situazioni vissute come traumatiche. Sono quindi frequenti nel sonniloquio espressioni volgari. Ciò è dovuto all’amigdala, che è situata nel nostro cervello, e svolge un ruolo fondamentale nel regolare le emozioni negative durante il giorno, soprattutto la paura. Secondo gli studi questa sarebbe attiva e svolgerebbe il suo compito anche durante la notte.
Continuità tra sogni e disturbi
Un altro collegamento con il sonno è il morbo di Parkinson. Chi ne soffre, ha ricordi meno vividi dei suoi sogni. Chi invece è affetto da disturbo post-traumatico da stress, vive sogni terribili, con continui flashback visivi della scena del trauma.