Quando torneremo in palestra? E al cinema? E al museo? Quando sarà consentito ai ristoratori servire la cena dopo le ore 18? E quando potremo tornare a uscire di casa dopo le ore 22 senza doverci giustificare con l’ormai odiosa autocertificazione? E i centri termali e le spa quando potranno accogliere di nuovo i propri ospiti? Vogliamo saperlo, vogliamo date e certezze, vogliamo conoscere il piano per la riapertura mentre subiamo i danni della chiusura. Perché tra zone gialle arancioni e rosse l’inquietudine regna sovrana, la temperatura sociale sale, e per milioni di famiglie alla disperazione economica, legata alle attività economiche interrotte e alla crisi incombente, si unisce un gravoso senso di incertezza. Povertà e incertezza possono essere un mix letale, incubatore di frustrazione sociale, pericoloso anticipatore di disordini e sommosse che abbiamo già visto nelle strade delle nostre città.
La chiusura di alcune regioni, marcate in rosso sulla base di dati fermi al 24 ottobre, desta perplessità, e tuttavia affrontiamo la seconda ondata con un tale livello di impreparazione – il fallimento delle 4 t (tamponi, tracciamento, terapie intensive, trasporti) è sotto gli occhi di tutti – che dobbiamo rimetterci alle decisioni del governo maturate alla luce delle valutazioni del famigerato Comitato tecnico scientifico. Le nostre abitudini quotidiane vengono nuovamente stravolte quando pensavamo di esserci lasciati alle spalle l’ora più buia, e accettiamo, nostro malgrado, l’ennesima compressione delle nostre libertà fondamentali purché stavolta ogni misura sia rigorosamente limitata nel tempo e nello spazio.
Questo Dpcm, l’ultimo di una lunga serie (abbiamo perso il conto), durerà fino al 3 dicembre, e poi? Poi vogliamo tornare alla nostra vita, ce lo meritiamo. Non vogliamo proroghe, niente allungamenti, dal 4 dicembre vogliamo tornare alla nostra vita e al nostro lavoro, da cittadini liberi di una democrazia libera, senza “coprifuoco”, senza indebite ingerenze su dove andiamo e con chi andiamo. Dal 4 dicembre i camerieri tornino a servire la cena a qualunque ora della sera, palestre e piscine tornino funzionanti, i sacrifici sopportati appiattiranno la curva, speriamo il più possibile, ma deve essere chiaro al premier Giuseppe Conte e agli esimi scienziati dell’esimio Cts che non si potrà giocare al continuo rinvio con l’ennesima triste conferenza stampa per annunciare, come troppe volte è accaduto, che le misure vengono procrastinate. Non possiamo permettercelo. E non per i nostri piaceri voluttuari, che pure valgono qualcosa se la vita ha un senso, ma per l’abisso di rassegnazione in cui milioni di famiglie – negozianti, artigiani, partite Iva – sprofonderebbero senza la forza di risollevarsi. Perché la prima ondata è diversa dalla seconda anche in questo: saremmo dovuti arrivare preparati, e invece le 4 t sono la più sonora bocciatura dei nostri governanti, ma soprattutto la forza morale degli italiani e delle italiane stavolta rischia di spezzarsi.
Annalisa Chirico