I diciotto marinai di Mazara Del Vallo che sono stati sequestrati da militari libici e portati a Bengasi sono ancora lì. Dal primo settembre non fanno rientro a casa, le famiglie continuano le loro proteste pacifiche davanti a Montecitorio per chiedere allo Stato delle risposte che non arrivano.
Emergono ora nuovi elementi, da fonti informate, che ricostruiscono quei momenti e che mettono ancora più ombra sulla gestione da parte delle autorità italiane di questa vicenda.
I nove pescherecci erano in zona di pesca già da un paio di giorni. Per tutta la giornata del primo settembre una vedetta libica li ha osservati, fino a quando hanno messo in mare un gommone con tre uomini armati di kalashnikov. Questi si sono avvicinati alle imbarcazioni, sparando in aria, hanno preso in ostaggio i comandanti e ordinato all’equipaggio di dirigersi verso il porto di Bengasi.
Un paio di barche sono fuggite verso l’Italia, gli altri marinai che si sono diretti verso Bengasi hanno chiamato immediatamente la Guardia Costiera di Mazara e la Marina Militare di Palermo. Da Roma la Marina li ha rassicurati che nel giro di venti minuti un elicottero sarebbe arrivato per aiutarli. Dopo varie rassicurazioni, la Marina non ha più dato riscontro. Alle 3 di notte li ha avvertiti che il caso era diventato diplomatico e non poteva più intervenire.
Dopo 65 giorni di attesa senza risposta, le famiglie sono ancora davanti al Parlamento, con la speranza che i loro cari potranno fare presto rientro a casa.