Per Giorgio Palù, virologo, ex professore dell’Università di Padova ed ex presidente della Società italiana ed europea di virologia, bisogna porre un freno all’isteria generalizzata da Covid-19.
Siamo davanti ad una seconda ondata di casi, ma la situazione è molto differente da quella che viene dipinta agli occhi dei non esperti.
La maggior parte delle persone non ha sintomi, dunque non può essere definita malata. Non si può al momento stabilire se le persone positive hanno una carica virale alta e possono essere quindi contagiose.
Bisognerebbe attivarsi nell’individuare i cluster delle persone che risultano positive, andare a ricostruire la loro rete di rapporti negli ultimi giorni, fare i tamponi a tutte le persone del contesto lavorativo, familiare o scolastico, a seconda dei casi.
Il bollettino giornaliero dei positivi non serve, è il numero di persone in terapia intensiva che è indicativo. Spesso ci sono poi “ricoveri sociali”, di persone che non hanno sintomi gravi ma che non possono permettersi altre sistemazioni per non infettare i propri familiari. Chi non ha sintomi gravi, dovrebbe essere supportato dai medici di famiglia che, però, sono lasciati soli.
“Il virus ha una letalità relativamente bassa, può uccidere, ma non è la peste”, afferma Palù al Corriere della Sera. Bisognerebbe preoccuparsi più dei bus fuori controllo. Secondo il virologo, la scuola doveva essere riaperta e deve rimanere ancora aperta perché i giovani sono il futuro, il problema è il sovraffollamento dei mezzi che gli studenti prendono per raggiungere la scuola. Finita l’estate, con i suoi raggi ultravioletti che uccidono il virus, e con la riapertura delle attività, era inevitabile che aumentassero i casi.
Il lockdown è da evitare per diversi motivi. Per il Palù cittadino perché sarebbe l’ultima batosta definitiva all’economia, come scienziato perché penalizzerebbe la formazione dei più giovani, come medico perché impedirebbe alle persone che hanno malattie accertate come un tumore di poter ricevere le loro cure.