Ci ha impiegato un po’ troppo sicuramente, ma la città di New York è ora pronta a gestire l’emergenza e a condurre il tracing dei positivi in maniera impeccabile, ai livelli di Tokyo.
Lo racconta Federico Rampini su Repubblica: divenuto positivo, insieme alla moglie, ha ricevuto la visita di una “tracer”. Una signora di mezza età, etnicamente cinese (neanche a farlo apposta!) è stata allertata dall’ambulatorio City-Md sulla 57sima strada, dove il giornalista aveva fatto il tampone con esito positivo. Test gratuito e con solo una ventina di minuti di attesa, per altro. La donna fa parte della task force locale, composta da circa 10mila assunti.
La tracer ha bussato alla porta di Rampini, mantenendosi a distanza di 5 metri. Si è assicurata che la famiglia avesse un medico da consultare, degli amici su cui contare per l’acquisto di medicinali o per la spesa. Ha cercato di ricostruire il momento del contagio e la lista di persone che potevano aver frequentato Rampini e la moglie negli ultimi giorni.
Lo ha invitato a scaricare la versione americana dell’app Immuni, sicuramente più efficiente della nostra, che non rivela l’identità della persona positiva.
Rampini lo definisce un incontro “politically correct”. L’amministrazione di New York ha subito molti morti prima di reagire e riuscire a gestire l’emergenza. Ci sono voluti sette mesi, ma ora secondo il giornalista la Big Apple è molto più simile a Tokyo e a Seul.