Lavoro nero e mancanza di manodopera sono spesso le conseguenze del reddito di cittadinanza. È quanto emerge dall’inchiesta firmata da Federico Fubini e Goffredo Buccini pubblicata sul Corriere della Sera.
Accanto al Covid-19 c’è infatti un’altra emergenza, la mancanza di lavoro. Dall’inizio del lockdown a fine luglio l’ISTAT conta 585 mila posti di lavoro in meno, in Italia il tasso di occupazione rimane il più basso dell’Unione Europea dopo Portogallo e Bulgaria. I coinvolti dal reddito di cittadinanza – così li definisce l’INPS – sono aumentati di seicentomila unità da inizio anno e tra essi solo una percentuale molto bassa è tenuta ad accettare un posto.
Il paradosso è che gli imprenditori che offrono lavoro riscontrano non poche difficoltà.
Alberto Maschio, presidente dell’Associazione Albergatori di Jesolo, stima una carenza del 30% di figure professionali nel suo settore. In Campania l’imprenditore agricolo Gennaro Bianchini ha visto marcire nei campi i suoi prodotti per 14 mila euro per mancanza di manodopera disponibile a lavorare e sostituire i braccianti dell’Europa dell’Est, impossibilitati a venire in Italia a causa dell’emergenza sanitaria.
Secondo il Corriere della Sera il reddito di cittadinanza così come è stato concepito è spesso un’implicita “istigazione al lavoro nero e alle truffe”.
Il caso dei fratelli accusati di aver ucciso Willy Monteiro Duarte che, nonostante le immagini di una vita sfarzosa, percepivano il reddito di cittadinanza, è davvero emblematico.
Fubini e Buccini riconoscono la necessità del reddito di cittadinanza nella lotta al disagio, ma affermano che il problema più grande deriva dalla mancanza di una reale politica di controllo.